Agli appassionati di tecnologia non sarà sfuggita la notizia di qualche giorno fa, mai smentita né confermata ufficialmente: Sycamore, il computer quantistico di Google, sarebbe riuscito a conseguire la cosiddetta supremazia quantistica: svolgere, per la prima volta al mondo, una serie di operazioni che i computer tradizionali impiegherebbero decine di migliaia di anni a svolgere… e l’ha fatto in pochi minuti!
Nel dettaglio, Sycamore sarebbe riuscito a dimostrare che una sequenza di numeri casuali è realmente casuale (un problema matematicamente molto complesso) in circa tre minuti e venti secondi; Summit, il supercomputer tradizionale più potente al mondo, ci impiegherebbe circa 10mila anni.
Il misterioso articolo della Nasa
Sul sito della Nasa è apparso un articolo intitolato “Quantum supremacy using a programmable superconducting processor” (tradotto: Supremazia quantistica usando un processore superconduttivo programmabile). Il paper è rimasto online per poche ore e poi rimosso, ma è bastato a qualcuno per salvarlo, divulgarlo e generare commenti controversi, supposizioni e speranze tra gli addetti ai lavori.
Cos’è un computer quantistico?
Le basi dell’informatica ci insegnano che l’unità minima di informazione di un processore convenzionale è il bit, un’entità binaria che può assumere i valori zero e uno a seconda del passaggio o meno di corrente. I processori tradizionali, quindi, ammettono solo due stati, legati al passaggio o al non-passaggio di corrente, cioè di un flusso di elettroni.
Invece, i processori quantistici usano i qubit, particelle subatomiche come fotoni o elettroni, che invece possono immagazzinare e trasportare molte più informazioni, amplificando enormemente la potenza di calcolo rispetto a quella di un computer (e di un supercomputer) classico.
Perché le particelle subatomiche sono “più veloci” nei calcoli?
Le leggi della meccanica quantistica ci spiegano che ogni particella è soggetta al cosiddetto principio di sovrapposizione, ossia che si possa trovare contemporaneamente, con probabilità diverse, in più stati differenti.
Tommaso Calarco, direttore del Jara-Institute Quantum Information e presidente dello European Quantum Flagship Network racconta: “Il principio di sovrapposizione consente di superare il dualismo acceso/spento e di veicolare molta più informazione: una particella quantistica può rappresentare contemporaneamente più stati”. Il qubit permette quindi di compiere moltissime operazioni contemporaneamente, parallelizzando i calcoli.
Arriverà un nuovo personal computer?
Questo non vuol dire che nel prossimo futuro tutti avremo un computer quantistico. Il “vecchio” processore rimarrà per molto tempo la soluzioni con i rapporto costo/beneficio più adatta a tutti gli usi, personali o lavorativi. Ma, in settori come la scienza dei materiali, l’industria farmaceutica, la fisica delle particelle, un processore quantistico potrebbe davvero rendendo possibili avanzamenti tecnologici di vastissima portata e difficili da prevedere a priori!
Appena pochi giorni prima del leak di Google, infatti, IBM aveva annunciato che a ottobre avrebbe consentito a ingegneri, fisici e informatici di accedere da remoto a un computer quantistico a 53 qubit, il maggiore mai messo a disposizione per uso esterno. Google, invece, ha a disposizione Sycamore, un computer a 54 qubit (uno dei quali sembra non funzionare come dovrebbe, e pertanto ne vengono utilizzati 53), e un altro sistema a 72 qubit, che al momento si è rivelato però troppo difficile da controllare.
L’instabilità dei sistemi quantistici
I sistemi quantistici sono estremamente delicati, e particolarmente suscettibili anche a impercettibili interferenze termiche ed elettromagnetiche: “Per dare un’idea della difficoltà enorme di gestire e controllare i computer quantistici”, ci spiega ancora Calarco, “si può pensare ai qubit come ai componenti di un’orchestra chiamata a suonare la nona sinfonia di Beethoven. Però ciascun musicista deve riuscire a farlo con guantoni da boxe alle mani e casco sulla testa. E in una stanza tenuta a novanta gradi di temperatura. È un compito veramente molto, molto difficile!”, e aggiunge, “È ancora decisamente troppo presto per immaginare tutte le applicazioni. Potrebbero essere davvero sterminate, e strabilianti. I prossimi passi sono anzitutto migliorare ulteriormente l’hardware, arrivando a controllare con precisione sistemi a 100 o più qubit, e poi lavorare allo sviluppo di algoritmi che permettano di arrivare al vantaggio quantistico”.
Chissà, forse un giorno, anche il thermal management sarà gestito da un processore quantistico!
Notizia e informazioni tratte da Wired.it
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